Anche il cuore più allenato ha bisogno di essere ascoltato: al via lo studio Master Heart


Siamo abituati a considerare l’attività fisica come uno strumento fondamentale per mantenere in salute il cuore. Le linee guida internazionali raccomandano infatti almeno 150 minuti a settimana di esercizio aerobico moderato, o 75 minuti di attività più intensa, come parte di una strategia efficace di prevenzione cardiovascolare.
Tuttavia, negli ultimi anni la ricerca scientifica ha iniziato a mettere in discussione una convinzione che sembrava assodata: è possibile che l’attività sportiva estrema – come quella praticata da atleti master di discipline di resistenza – possa avere effetti dannosi sul sistema cardiovascolare.
Una recente metanalisi firmata anche da membri del comitato scientifico della Fondazione Cesare Bartorelli ha confermato che gli atleti di endurance presentano una maggiore prevalenza di placche aterosclerotiche rispetto ai soggetti sedentari, pur non mostrando un aumento delle cosiddette placche “ad alto rischio”, ossia quelle più instabili e pericolose. Questo dato suggerisce un effetto complesso: l’esercizio prolungato potrebbe favorire la formazione di placche più stabili, ma comunque in grado di compromettere la salute delle coronarie nel lungo termine.
Qual è quindi la soglia oltre la quale l’attività fisica, da alleata del cuore, può trasformarsi in un fattore di rischio? E quali sono le discipline o i profili di atleta maggiormente esposti?
Ad oggi, la letteratura scientifica non fornisce risposte definitive: gli studi sono pochi, spesso limitati a piccoli campioni e non indagano gli esiti clinici a lungo termine. Inoltre, le ricerche si concentrano soprattutto su popolazioni maschili e su discipline come la corsa, lasciando scoperti altri ambiti sportivi, come il ciclismo o il triathlon.
Da qui nasce Master Heart
In questo contesto si inserisce il progetto Master Heart, promosso e finanziato dalla Fondazione Cesare Bartorelli. Si tratta di uno studio prospettico osservazionale che ha l’obiettivo di valutare la presenza di coronaropatia (CAD) in una popolazione di atleti agonisti, con particolare attenzione agli sportivi master, ovvero over 35 impegnati in discipline di resistenza.
Con Master Heart, la Fondazione vuole contribuire in modo concreto a colmare un vuoto della ricerca, fornendo dati solidi per orientare le strategie di prevenzione cardiovascolare anche in una popolazione – quella degli sportivi – spesso considerata a priori “protetta”.
L’obiettivo è duplice: identificare precocemente eventuali segni di malattia coronarica e promuovere una cultura della prevenzione su misura, capace di distinguere tra i benefici dello sport e i potenziali rischi legati all’eccesso.